Giorgio Luzzi
Nació en 1940 en Rogolo, en Valtellina, y desde 1972 vive en Turín.
Poeta, traductor, novelista y crítico literario en numerosas revistas culturales, incluyendo L'Indice dei Libri del Mese (es miembro del consejo de redacción), L'immaginazione, Istmi, Italian Poetry Review, Poesia Rinascita, Bollettario, Il Giornale del popolo di Lugano, ha esordito nella poesia con Nove poesie di Giorgio Luzzi, undici disegni di Eugenio Comencini, edito da Ideal nel 1976.
Bibliografia:
Poesia:
Nove poesie di Giorgio Luzzi, undici disegni di Eugenio Comencini , Ideal, 1976
Coblas. Tredici poesie (1977-1980) , L'Arzanà, 1980
Ventitrè ipotesi per il vino , Il Bagatto, 1980
Luce e altri tatti. Ventitrè poesie (1976-1981) , L'Arzanà, 1981
Piccola serie inglese , con cinque disegni di Egle Scroppo, L'Arzanà, 1983
Le mura di Glorenza. Sette poesie, sei disegni , con disegni di Valerio Righini, L'Arzanà, 1984
Corniche , disegni di Eugenio Comencini, Cens, 1985
Geldwesen. Poesie di Giorgio Luzzi , immagini di Marco Seveso, L'Arzanà, 1987
Epilogo occitano (1976-1987) , L'Arzanà, 1990
Mosaico dei rifugi , Crocetti, 1990
Allegretto e dipinto , Galleria Pegaso, 1994
Predario , Marsilio, 1997
In un bordo d'eclissi. Tre poesie di Giorgio Luzzi , una incisione di Francesco Franco, Mugnaini, 1997
Talìa per pietà , Scheiwiller, 2003
Commosso dai suoi occhi blu , con incisioni di Athos Sanchini, Grafiche Fioroni, 2003
Leporello , poesie e collage di Giorgio Luzzi, Mugnaini, 2004
Sciame di Pietra , Donzelli, 2009
Novela:
La traversata , L'Epos, 2005
Saggi:
Poesia in Piemonte nel secondo Novecento , Forum, 1983
David Maria Turoldo , a cura di A. Giacomini, con un saggio di Giorgio Luzzi, GEI, 1984
L' iridato paesaggio. 1984-85 , di Camillo Pennati, con un saggio di Giorgio Luzzi, L'Arzanà, 1985
Poeti della linea lombarda. 1952-1985 , Cens, 1987
L'altissima allegria. Saggi e prose per Turoldo , Servitium, 2002
Per una storia della poesia di Paolo Valesio , Gedit, 2008
Antologías:
Poeti del Piemonte , Forum, 1983
La via lombarda. Diciannove poeti contemporanei , Marcos y Marcos, 1989
Traduzioni, curatele e edizioni critiche:
Umana sorte. Liriche, di Balilla Pinchetti , con Bruno Ciapponi, Centro iniziativa giovanile, 1975
Entrebescar , di Roberto Precerutti, nota critica di Giorgio Luzzi, Forum, 1982
Poesie (1938-1986) , di Andrea Zanzotto, L'Arzanà, 1987
La vita di Maria , di Rainer Maria Rilke, con Antonio M. Santini, Cens, 1993
Le più belle poesie di Guillaume Apollinaire , Crocetti, 1994
Le più belle poesie di Jacques Prevert , Crocetti, 1995
L' Angelus di Jammes. Una traduzione e la sua storia , Galleria Pegaso, 1996
All'alta memoria di Howard , di Johann Wolfgang Goethe, traduzione e nota di Giorgio Luzzi, con sei riproduzioni di acquaforti di Francesco Franco, El Peilo, 1999
Nel lucido buio, di David Maria Turoldo, Bur, 2002
La sponda occidentale, di Volker Braun, con Anna Chiarloni, Donzelli, 2009
Edizioni d'arte:
Renzo Sala al Circolo del giovedi , pieghevole della mostra inaugurata il 31 maggio 1966 a Milano, testi di Jo Collarcho, Giorgio Luzzi e Ermanno G.Re, 1966
Ambienti e corpi da viaggiare. Grafiche, olii, sculture, di Valerio Righini , testi di Wolfgang Hildesheimer, Giorgio Luzzi e antologia critica, Poletti, 1988
Estampidas , Severgnini Stamperia d'arte, 1989
Angelo Maggia. Luminescenze , testi di Giorgio Luzzi e AAVV, Lito Helio Servizio, 1991
Eugenio Comencini. Opere dal 1972 al 1991. Omaggio a Cipro , catalogo della mostra tenutasi da 25 febbraio al 16 marzo 1991 al Palazzo della Giunta Regionale di Torino, a cura di Francesco Poli, antologia della critica a cura di Giorgio Luzzi, Regione Piemonte, 1991
Eugenio Comencini. Disegni, acquerelli e tempere dal 1962 al 1993 , a cura di Franco Fanelli, con un testo di Giorgio Luzzi e versi di Roberto Rossi Precerutti, SGT, 1993
Bruno Rinaldi. Gli scaffali della memoria , testi di Floriano De Santi e Giorgio Luzzi, volume pubblicato in occasione della mostra tenuta presso la Galleria Lo Spazio di Brescia nel 1996, Edizioni Vannini, 1996
L' isola. Pastelli e acquerelli di Francesco Franco e Lea Gyarmati , catalogo della mostra tenuta a Cuneo dal 22 novembre all'8 dicembre 2001, con un testo di Giorgio Luzzi, Autori, 2001
Athos Sanchini. Memoria del tempo e del confine , catalogo con incisioni, a cura di Eugenio De Sigbnoribus, testo critico Roberto Budassi, interpretazione e poesie Giorgio Luzzi, Grafiche Fioroni, 2003
Nubes de luto en via Emilia
Cuando entre bostezos los falsamente antiguos
castilluelos emilianos irrumpieron en la marcha del tren,
a lo lejos, mucho más al norte, en un cuarto y una estufa
de ladrillos mi padre se estaba desmoronando.
Un feroz burgués hojeaba un periódico en el tren.
Volando hacia el mar adivinaba mi orfandad
puse sobre el asiento el tesoro ya corrupto,
el luto artificial, una ruina impronunciada
dentro de mi persuasión sin fundamentos.
Abrí con insolencia un simulacro de comida
me quitaba las migajas de los dedos. Y la canción
"Sálvate fugitivo, sálvate si estás vivo;
te espera ahora lo peor: la madurez".
XI Festival Internacional de Poesía de Buenos Aires, 2016
Traducción de Pablo Lombó Mulliert
Nubi di lutto in via Emilia
Quando tra gli sbadigli i fintamente antichi
castellucci emiliani irruppero nel treno in corsa,
lassù, tanto più a nord, in una stanza a stufa
di mattone mio padre si stava sgretolando.
Sul treno un borghese feroce sfogliava un giornalaccio.
Volando incontro al mare anticipavo la mia orfanità
posavo sul sedile il tesoro ormai corrotto,
il lutto artificiale, un rudere inespresso
dentro la mia inedificabile persuasione.
Sfrontato scartocciavo un simulacro di cibo.
Me ne scrollavo i resti dalle dita. E la canzone:
"Salvati fuggitivo, salvati se sei vivo:
ciò che ti attende è il peggio, è la maturità".
Poemas inéditos de Giorgio Luzzi
Chicago neoclassica
Mentre le lenti si infammano al sole
e sulla soglia accesa di Dearborn Street
sotto torri a carciofo cola il fiume,
il padre minerale. E sul Michigan
nell’ arido polo dell’alba si diradano
ponti di legno rullante, fessure
tagliano abissi sull’acqua. Poi
escono uno a uno uomini d’ampie falde
e cigli lisi, di ricci spenti lungo
le tempie, occhi fissi al lago. E tu
tu che mi ascolti qualche volta e parti
e voli e torni. E il mondo resta uguale
se tutto si trasforma sulle sponde
come nel nostro idioma una vocale.
Andar per musici nell’Europa mediorientale
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ma per quanto vi affondasse le mani, per quanto
i nervi delle dita si tendessero, non gli riusci
di mettere assieme un inizio simile a quello
che avrebbe incantato una borghesia lacustre
agostana e tendenzialmente infedele:
da quella cassa di forme femminili
e pochi pfennig di rame nel cappello
nientr’altro che ritmi proletari
sorrisi amatoriali
ma intanto l’altro
già lontano, il cello arioso e lustro,
volava via per altre
ceremonie e arie
altro non raccontando che se stesso
altro non dicendo
non benedicendo
che il proprio infinitamente enfiato
perfettamente enfatico budello
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già, quell’odore si sugna portuale
di tabacco e di birra
il padre al sesto piano barcollava
tenet me nunc Vindobona
tutto è purtroppo avvenuto a spese del fegato
i lavori di testa si espandono a carico del corpo
e a tratti la mano lesta
cade sopra un budello di speranza
Osculario
Dentro l’albero tutto d’improvviso
smise di ondeggiare. Si vedevano
di là dai cupi fortilizi
le campane di Osculario, i sacchi di mangime
abbandonati alle volpi. Verso le undici
di sera, dopo un lungo flagello, ricomparvero
ma sperduti, storditi
quei coleotteri tinti
di un blu da acque fonde
tardi e testardi, gli insaziabili
abitatori della colonia fino al mese scorso.
Erano spariti dopo l’estinzione dei fiori. Ricomparvero
a tentoni, frugarono tra le foglie, cadevano
come piccoli velivoli nel buio.
In casa non c’era nessuno. Divagai
da Catullo a Bataille
come accade a chi si disperi di un ozio troppo ansioso.
Tentai di addormentarmi con Heimito
e le sue brulicanti mascherine
della feine Gesellschaft di Vienna.
Per tutta notte non fu tregua ai vetri.
Ora ti scrivo dalla città, c’è un tavolino instabile
sotto i fili del tram, quando il tram passa
tutto sobbalza nella mano. Scrivo
scalpello malamente felice finalmente.
Frammenti da un sisma
Uno addita una nuvola prima di sera
spessa di piombo, pesante di un suo fiato di carbone.
È come se la sostanza fosse divorata dalla propria ombra.
Quando avevamo la storia non c’era tempo
per queste vanità: si cercava tra le pieghe della terra
l’ossame immaturo e immortali dei cesari. Poi
i poveri, uno a uno, tornarono a cadere come spini.
Si videro le putrelle premere con precisione sugli sterni.
In fondo era questo che volevamo:
una resa senza mediazioni
una fine oltre ogni deduzione.
Buona, baby!
Per intanto la piccola coreana singhiozza veramente,
estrema a una tavola di afflitti
un banchetto misto di apostoli orientali
senza cibo né vino. Le Tigri Asiatiche,
ecco il modello universale. “Quando la famiglia
di mia zia, non molto tempo fa, perse ogni fortuna alle corse
dei cavalli…”. E via così, senza una logica, soltanto
quel fiume salato e benifico
quella cascata in pubblico di ghiandole e contagi. Smettete,
individui, di piangere da soli. Rivolgetevi a noi.
Orogenesi
Ci sono storie sommarie sul nostro conto:
“Dove un tempo l’orniello e il càrpine chiaro
e il pàmpino austero…”. Su un irreale come questo
non può che calare la notte. Il paesaggio scivola nel sonno
nel folto zuccherino ronza la macroglossa
nella sua pompa incatramata e oscena.
Ma se sali più in alto i prati si sollevano
distrutti dalla rasatura delle frane. È lì
che nasce la vite, dentro una poltiglia di pietrisco
la colata di colla sulla gola quando i grappoli
pendono all’aria tesi e trionfali
e qualcosa finalmente si stacca
precipitando tra camicia e pelle
e sembra un’anima inseguita nel buco del vulcano.
Banchetto
Stavamo, tutti quanti, intenti alla spoliazione
dell’ampio loup de mer, sbalorditi e accaniti
su quelle fragili once, immersi nei bicchieri
di vini d’oro, nelle spezie, nei rossori del convito.
Era un inverno di travature e stufe, mareggiate
accompagnavano da lontano quei bagliori di polpe
distrutte dentro il loro sarcofago di sale
scricchiolante e spuntato dall’urto dei runcigli
nel rumine osceno dei famigli dalle cucine. Una
si alzò, presa da un tu improvviso, bianca
di una fortuna intravista e tramontata, una
tramortita dalle sue insonnie spettacolari.
Misurò una dozzina di gocce dentro la tazza.
Ci alzammo a malapena, trafitti da quel vino.
Fuggendo lungo un’acqua scarmigliata
dove gli scoiattoli fremono sogni di castrazione e stasi
lui rivide il proprio ego scrutare tra i rami
lei fu scaraventata a terra da un fuggitivo.
In capo a ogni vivo ferveva la guerra.
Non c’era stata una pace se non una tregua signorile
su un prato di fiori d’aprile, un capretto alle brace
il taglio di zigomi e di occhi di una dinastia
di democratici, cauta con i sonniferi e l’alcol.
Lei tentò ancora una volta la fuga, l’altro recitava
la sua dottrina del corpo illusorio, affiatato
al mantice universale, l’ego immateriale.
Zapping
göttlich, divinamente sto così
come diversamente non si potrebbe stare, così
come un lavabo smesso, una tranquilla
dichiarazione di impotenza, ora il nemico
scruta bonariamente, a propria volta
maldestramente si cimenta all’alba
con prove elementari, un po’ di muschio
cosparso di saliva, infine aspetta
che io stacchi i gomiti dal davanzale
faccia ala all’orecchio con la mano
spinga la lingua nel palato, ordini
ai miei mummificati servitori
di armare le mura, gettare cibo ai cani
e intanto göttlich, divinamente
gioca a carte il nemico, strofina le corazze
espelle peti, affranca fibbie, scrive
una domanda di soggiorno, si riaddormenta
.