ENRICO TESTA
(Génova, Italia 1956) es un ensayista, poeta y maestro italiano.
Es profesor titular de Historia de lengua italiana. Doctorado en la Universidad de Pavía, investigador de la Universidad para Extranjeros de Siena desde 1991 a 1998, antes de convertirse en 2000 en profesor asociado y desde 2005 catedrático de la Universidad de Génova.
Poesía:
Le faticose attese, Genova: San Marco dei Giustiniani, 1988
In controtempo, Torino: Einaudi, 1994
La sostituzione, Torino: Einaudi, 2001
Pasqua di neve, Torino: Einaudi, 2008
Ablativo, Torino: Einaudi, 2013 (Premio Viareggio -Rèpaci, 2013)
Ensayos:
Il libro di poesia. Tipologie e analisi macrotestuali, Genova: Il Melangolo, 1983
Simulazione di parlato. Fenomeni dell'oralità nelle novelle del Quattro-Cinquecento, Firenze: Accademia della Crusca, 1991
Lo stile semplice. Discorso e romanzo, Torino: Einaudi, 1997
Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento, Roma: Bulzoni 1999
Montale, Torino: Einaudi 2000 [con videocassetta]
Eroi e figuranti. Il personaggio nel romanzo, Torino: Einaudi, 2009
Una costanza sfigurata. Lo statuto del soggetto nella poesia di Sanguineti, Novara: Interlinea, 2012
L'italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale, Torino: Einaudi 2014
Breve comentario crítico
La poeta y traductora Erika Reginato ha realizado un importante trabajo dando a conocer en Latinoamérica varios poemas del poeta italiano Enrico Testa (Génova, 1956) en la antología: Caminos del agua. Poetas italianos del segundo Novecientos. (18 poetas italianos, Monte Ávila editores latinoamericana, Venezuela, 2008). Poeta que convive en una atmósfera boscosa donde las desapariciones y las transformaciones humanas se extienden hasta el plano amoroso. Un mundo de imágenes construido entre sombras, animales y abismos. Enrico Testa escribe versos que cambian con el tiempo: «los diez niños desaparecidos en la noche… regresaron a la mañana siguiente transfigurados…».Sus poemas logran atravesar el límite de lo mortalmente finito: «comienza mañana, amor mío, / la estación de caza / para aquellos de tu raza: / he aquí la capa / que he tejido para ti…» En el libro “La Sustitución, 2001” se llega a dialogar con los muertos: se invocan por aquel que está presente. Escribe: Silencia, amablemente tu corazón/ y de mí, sólo te ruego / no se hable más/ que está es la respuesta celeste a la pregunta del nombre….
[Del libro: La Sustitución, 2001]
comienza mañana, amor mío,
la estación de caza
para aquellos de tu raza:
he aquí la capa
que te he tejido.
Recuerda esconderte
donde el perfume enmascara la huella:
en los campos de narciso
o tras las manchas del laurel;
escóndete entre los peñascos
que rige un atardecer
y elige lugares fuera de mano
para quien ama acechar con los perros
o poner las trampas en las madrigueras
comincia domani, amore mio
la stagione di caccia
per quelli della tua razza:
eccoti il mantello
che ho tessuto per te.
Ricorda di nasconderti
dove il profumo maschera la traccia:
nei campi di narciso
o dietro le macchie dell’alloro
rintànati tra gli scogli
che raggela il tramontano
e scegli luoghi fuori mano
per chi ama appostarsi con i cani
o tender le tagliole nei ritani
..
para distraerse le basta una pareja de golondrinas
en vuelo vertical sobre los cipreses
o la zambullida del mirlo a lo largo del muro
de esta muralla de sombras
que precipitan lo oscuro
en el azul del mar.
Y también al doblarse
suele quedarle la mitad
como si el aliento fuera
sólo fuga o urgencia…
Pero aquí donde la nada
se ha mutado en todo,
al padecer de su mirada,
a su mudo ir y venir sin detenerse
a mí también me falta
-quisiera que lo sepa-
la respuesta, la única que pueda…
per distrarsi gli basta una coppia di rondoni
in volo verticale sui cipressi
o lo zampettío del merlo lungo il muro
di questo fortino d’ombre
che scoscende oscuro
nell’azzurro sino al mare.
E anche il pregare
spesso gli resta a metà
come se il fiato fosse
solo fuga o urgenza…
Ma qui dove il senza
s’è tramutato in tutto
al patire del suo sguardo,
al suo muto andirivieni senza posa
anche a me manca
-vorrei che lo sapesse-
la risposta, l’unica che possa…
..
los diez niños desaparecidos en la noche
entre gran clamor de la gente
sobre las vías y la colina
regresaron a la mañana siguiente transfigurados
por aquel que los había llamado:
aún impedidos en los movimientos
reducidos a animales extraños
poco contentos de estar
entre sus familiares y bien nostálgicos
de los cañaverales de Benfica
y de las marañas de puentes y paisajes
en lo oscuro del mal tiempo.
Su maestro, atento y esquivo,
que los había guiado y después abandonado,
más nunca se supo si estaba vivo.
i dieci bambini scomparsi la sera
tra gran clamore di gente
sulle vie e le colline
tornarono il mattino dopo trasfigurati
da colui che li aveva chiamati a sé:
impacciati anche nei movimenti
ridotti ad animali strani
scontenti quasi di ritrovarsi
tra i loro cari e nostalgici già
dei canneti di Benfica
e degli intrichi di ponti e passaggi
nello scuro del maltempo.
Il loro maestro, attento e schivo,
che li aveva guidati e poi perduti,
non s’è mai più fatto vivo
http://circulodepoesia.com/2016/05/poesia-italiana-enrico-testa/
da Pasqua di neve (Einaudi 2008)
«Arcadia» diceva il cartello stradale.
Ma nessun pastore nei pressi.
Pecore sì, brade
e in divagante marcia
su verdi-brune colline levigate
dal rullante tornio dei secoli.
Miracoli in vista, zero. Per fortuna.
Già alta la luna nel cielo
- il cielo che la parola invoca
e che subito lascia
sola e vuota nell'indaco
da Ablativo ( Einaudi 2013)
di preghiera in preghiera
e di speranza in speranza
(grandi come pulci, ma petulanti)
siamo finiti in questa foschia
che nasconde tranelli e dirupi
*
non portava notizie di nessuno
l’ape che ti punse la mano
nel camposanto di Dego;
ne richieste di preghiere
o di suffragi e neppure
una momentanea attenzione
rivolta ai nostri passi.
Era solo un capriccio della natura,
una stizzosa manovra dell’insetto
incattivito dall’afa
*
a distanza abbaiare di cani
regolari rintocchi di campane.
Piu vicini, condominiali crolli
idraulici e il ronzio di televisori
ancora accesi dopo la mezzanotte.
Immobili nel letto
si va ora in visita in case abbandonate
scacciati subito come clandestini
dai nuovi residenti:
volti conosciuti o truci
che queruli chiedono ragione
di fatti ignoti.
In diversi saettano tra sonno e veglia
nel cosmo presepiale della mente...
Il solaio si spalanca
in sconfinati corridoi bianchi:
uffici introvabili
camerate d’ansia
dove affiorano medici sadici
crudeli amici ostili cose...
Intermittente sullo sfondo
– tenera fedele disossata –
una voce
e, dolce nella notte lunare,
un lontano profumo di rose
*
sto per i nomi propri
di persona e di luogo
(Giovanni Francesca
Rupanego Calacoto)
per i forse e i qualcosa
per i proverbi,
anche banali o insulsi,
e i modi di dire antichi:
le concrezioni geologiche della lingua
di cui (se mai c’è stato)
s’è perduto l’inventore,
per i mattoni cotti
nella fornace comune
e non per i fragili e raffinati vasi
foggiati dal ceramista solitario
nel suo studio
da In controtempo ( Einaudi 1994)
l'impassibile serenità del mistero
se ne infischia di ogni aspetto fiero:
mi tiene tacendo in iscacco
mentre guardo alla pagina
e a chi, dietro le righe, si agita
quando le sirene marittime
traversano la notte
si fa la figura del matto a credere
che suonino per le nostre lotte
.