PIER LUIGI BACCHINI
(Parma, 29 de mayo de 1 927 - Medesano, 5-1-2.014) fue un poeta italiano.
Nacido en Parma, donde vivió hasta 1993, vivió en las estribaciones de Medesano. Hizo su debut en el escenario de la poesía italiana en 1954, con la colección Dal silenzio d'un nulla.
Bibliografía:
Dal silenzio d'un nulla, Milano, Schawarz, 1954
Canti familiari: poesie, Roma, De Luca, 1968
Distanze, fioriture, Parma, La Pliotta, 1981
Visi e foglie, Milano, Garzanti , 1993
Scritture vegetali, Milano, Arnoldo Mondadori Editore , 1999
L'ultima passeggiata nel parco (romanzo), Parma, Monte Università Parma Editore, 2003
Cerchi d'acqua: haiku , Milano, Garzanti, 2003
Contemplazioni meccaniche e pneumatiche, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2005
Canti territoriali, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2009
Poesie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2013.
INSECTOS NEGROS Y DE ORO
Tomamos el té en el jardín. Pero no fue siempre así.
En aquel jardín soleado,
de color, enardecido, salpicado de agua al atardecer,
entre aquellas emanaciones cálidas, agradables
para nuestros cuerpos, y muchos vuelos sigilosos de tibias mariposas
antes de la noche, hemos debido –con la cabeza gacha,
con las miradas escurridizas– escuchar un lamento
detrás de la persiana,
sin poder soportarlo –por todos lados
también tras los árboles más frondosos, bajo el olmo,
en cada habitación,
era necesario ir al occidente de la casa,
detrás, para no oírlo. Pero no se podía
estar lejos, y se volvía cada vez
alrededor de los jardines
entre los invisibles perfumes, vibrantes de insectos negros y
de oro
cerca los ornamentales globos de mirto, los orondos geranios
para no alejarse de aquella muerte
que de repente dio casi un grito
y así venció. Y la mujer (digna de este nombre)
que estuvo durante demasiados pocos años
junto a nosotros, y manifestó la dulzura de la madre
y la palabra de la serenidad con su conciencia,
llamó entonces a todos,
saludó a algunos con los ojos, a otros con los labios
y se volvió pálida y la sentimos de repente
muy lejana.
Traducción de Encarny Romero
INSETTI NERI E D’ORO
Prendiamo il tè in giardino. Ma non fu sempre così.
In quel giardino assolato,
colorato, fremente, spruzzato d’acqua verso sera,
tra quelle emanazioni calde, piacevoli
per i nostri corpi, e molti volti felpati di tiepide farfalle
prima di notte, abbiamo dovuto – col capo chino,
con gli sguardi sfuggenti – ascoltare un lamento
dietro la persiana,
da non sopportarlo – dappertutto
anche tra gli alberi più folti, sotto l’olmo,
in ogni stanza, bisognava andare a occidente della casa,
dietro, per non udirlo. Non si poteva però
starsene lontani, e si ritornava ogni volta
attorno alle aiuole
fra gli invisibili profumi, vibranti d’insetti neri e d’oro
presso gli ornamenti globi di mirto. I grassi gerani
per non allontanarsi da quella morte
che all’improvviso diede quasi in grido
e così vinse. E la donna (degna di questo nome)
che fu per troppo pochi anni
insieme a noi, ed espresse la mitezza della madre
e la parola della serenità con la sua coscienza,
chiamò allora tutti,
salutò chi con gli occhi chi con le labbra
e divenne pallida e la sentimmo in un tratto
lontanissima.
Attimo
Immemorabile è il tempo
che su queste colline
il vento scuote i germogli.
Nell’andito
Dopo che tutte le peonie rosate
hanno lasciato cadere i petali sul ricamo
è più alto il silenzio.
Ondicella palustre
Un cerchio d'acqua s'apre.
Ora un altro.
Non più.
Secondo equinozio
Amo i giardini incolti,
un vento immobile vi abita.
Piccola statua di pietra.
Sentiero
C’è tempo prima delle stelle.
Dopo la curva dei gelsi
mi siedo e le aspetto.
Non doratevi, già segretamente aurate
Non doratevi, già segretamente aurate,
non arrugginite, non raggrinzite
quanto un piccolo pugno,
disseccato; restate sempreverdi
finte immortali, simili all'altamente profumata
- e nemmeno sfrangiata
di fronte al vento, coriacea e lucente -
alla regale magnolia, con i semi amaranto;
o alle conifere montane
le antiche cenozoiche.
Non diventate trasparenti, sempre più,
telari lisi
già scarse nel mese d'ottobre,
con nostalgie infinitesimali, un po' indeterminate
come i fischi d'un treno distante
e collegi là in fondo, dentro la foschia
- spazzini sotto muretti erbati,
irrealtà, quasi un disturbo visivo
che nell'intimo spaventa
con l'immagine talvolta
che la materia
d'improvviso scompaia.
Ma tutte le sfumate gradazioni
i delicati intrecci,
gl'inudibili crepitii particellari
sarebbero stati inutili: lo sperpero
d'un Dio, la sua noia.
E ogni minimo sgretolamento, tipo il trascurabile uragano,
il ferro sciolto nel magma,
dicono la fatica
dall'origine
e la tremenda concretezza del mondo,
- senza via di scampo per noi.
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